Da molti anni a questa parte, l’associazione “MigrAzioni”, sita in B.go Parente 14, fa della scuola d’italiano per extracomunitari la sua attività principale, come massima espressione della volontà comune di creare una nuova cittadinanza attraverso la convivenza, l’integrazione e la solidarietà nel quartiere oltre torrente.
L’obiettivo, almeno in parte, possiamo dire sia stato raggiunto, trovandoci qui oggi, Venerdì 09/07/10, maestri e studenti compatti per riprendere ciò che con la forza ed il sopruso ci è stato ingiustamente tolto: la nostra sede.
Da ieri sera, infatti, senza alcun motivo o spiegazione ben validi e dopo almeno due settimane di minacce e atti di prepotenza neanche troppo velati, il PROPRIETARIO dei locali in cui si svolgono le nostre attività, ha cambiato la serratura della porta d’accesso ad essi, impadronendosi illegalmente di tutti i beni collettivi lì presenti e, soprattutto, costringendoci a sospendere l’attività didattica o a continuarla in strada, visto che ormai siamo senza la nostra “CASA”.
Adesso, la domanda che a tutti voi poniamo è la seguente: come ritenete sia possibile creare una convivenza pacifica tra italiani e stranieri senza porre le basi per una qualsiasi forma di comunicazione?
Noi crediamo che in queste condizioni qualsiasi forma di dialogo e di avvicinamento sia alquanto inattuabile ed è per questo che oggi MANIFESTIAMO, chiedendo al proprietario di restituire ciò che ci ha immoralmente tolto ed invitando tutti gli abitanti del quartiere e non a prendere coscienza di ciò che sta accadendo nella nostra associazione!
I maestri e gli studenti della scuola d’italiano “migrAzioni”
venerdì 9 luglio 2010
giovedì 1 luglio 2010
PROFESSORE, COSA NE PENSA?
Domani, 2 Luglio 2010, svolgerò l'esame relativo alla creazione di questo blog e quindi, professor Alfonso permettendo, il mio lavoro prettamente univesitario sarà terminato!
Naturalmente però, la funzione del mio lavoro, che purtroppo, nonostante i ripetuti appelli del prof, sono riuscito a comprendere appieno soltanto nelle ultime settimane, non ha una valenza prettamente finalizzata al conseguimento di un'indice di valutazione numerico e la mia vera mission deve continuare nel tempo!
Quando, poi, si ascoltano notizie come quelle che cirolano, anche se non come realmente dovrebbero, di questi tempi, ultima delle quali l'approvazione della legge sui provider, (di cui chiederò maggior approfondimento all'insegnante, non me ne voglia, durante l'esame), per la quale l'individuazione, anche su blog amatoriali simili al mio, di notizie offensive ( in base poi a quali parametri?) nei confronti del premier o simili comporterebbe una multa oscillante dai 18000 ai 50000 euro o addirittura la condanna fino a 5 anni di galera, gli stimoli e la voglia di continuare su questa strada certamente non possono venir meno!
Il solo pensiero che, per aver espresso una determinata opinione riguardante una questione che mi sta prettamente a cuore, come può essere la nuova legiferazione in dirittura di approvazione proposta da questo governo che purtroppo ci ritroviamo, possa addirittura incorrere in processi penali, mi da una rabbia che certamente non posso tenere bloccata tra queste membra: potrebbero saltare in aria a brandelli!
Ma si sa, l'ira è una brutta bestia e non è certo con il suo aiuto che sarei in grado di affrontare i problemi nel giusto modo!
Per questo mi appello al prof, sicuramente più esperto di me in materia, e gli chiedo: cosa si può fare per ribellarsi nella giusta maniera ad una situazione di questo tipo?
Io personalmente, se la legge "bavaglio", in particolare per ciò che concerne i punti prettamente attinenti la nostra futura professione di giornalisti, dovesse entrare ufficialmente in atto, continuerei anzi accentuerei la mia critica, provando a far recepire a tutti il mio messaggio di protesta ed indignazione. Ma ripeto:
PROF, è GIUSTO COSì o CONOSCE UNA STRADA MIGLIORE DA PERCORRERE?
Naturalmente però, la funzione del mio lavoro, che purtroppo, nonostante i ripetuti appelli del prof, sono riuscito a comprendere appieno soltanto nelle ultime settimane, non ha una valenza prettamente finalizzata al conseguimento di un'indice di valutazione numerico e la mia vera mission deve continuare nel tempo!
Quando, poi, si ascoltano notizie come quelle che cirolano, anche se non come realmente dovrebbero, di questi tempi, ultima delle quali l'approvazione della legge sui provider, (di cui chiederò maggior approfondimento all'insegnante, non me ne voglia, durante l'esame), per la quale l'individuazione, anche su blog amatoriali simili al mio, di notizie offensive ( in base poi a quali parametri?) nei confronti del premier o simili comporterebbe una multa oscillante dai 18000 ai 50000 euro o addirittura la condanna fino a 5 anni di galera, gli stimoli e la voglia di continuare su questa strada certamente non possono venir meno!
Il solo pensiero che, per aver espresso una determinata opinione riguardante una questione che mi sta prettamente a cuore, come può essere la nuova legiferazione in dirittura di approvazione proposta da questo governo che purtroppo ci ritroviamo, possa addirittura incorrere in processi penali, mi da una rabbia che certamente non posso tenere bloccata tra queste membra: potrebbero saltare in aria a brandelli!
Ma si sa, l'ira è una brutta bestia e non è certo con il suo aiuto che sarei in grado di affrontare i problemi nel giusto modo!
Per questo mi appello al prof, sicuramente più esperto di me in materia, e gli chiedo: cosa si può fare per ribellarsi nella giusta maniera ad una situazione di questo tipo?
Io personalmente, se la legge "bavaglio", in particolare per ciò che concerne i punti prettamente attinenti la nostra futura professione di giornalisti, dovesse entrare ufficialmente in atto, continuerei anzi accentuerei la mia critica, provando a far recepire a tutti il mio messaggio di protesta ed indignazione. Ma ripeto:
PROF, è GIUSTO COSì o CONOSCE UNA STRADA MIGLIORE DA PERCORRERE?
mercoledì 30 giugno 2010
Dove andremo a finire?
PARMA-Parlando il 21 giugno con alcuni partecipanti al presidio tenutosi in via D'azeglio contro il piano di riqualificazione della zona oltretorrente stipato dal comune di Parma, la domanda che questi si ponevano era sempre la stessa: "Dov'è che andremo a finire?". Per comprendere il senso di tale quesito, bisogna fare un'analisi attenta della situazione che si sta verificando negli ultimi tempi nel capoluogo di provincia emiliano. L'intento dei rappresentanti della città, infatti, appare ormai ben chiaro: fare gli interessi di chi fa i soldi, relegando ai margini della vita sociale coloro, in particolar modo studenti a basso reddito ed extracomunitari, impossibilitati ad attenersi a un certo regime di vita.
Partiamo innanzitutto da questo piano di ristrutturazione! L'intento ben chiaro a tutti del primo cittadino e dei suoi assessori, nemmeno tanto celato, è quello di tappare un buco di oltre 10.000.000 di euro con una dei più importanti ed allo stesso tempo controverse personalità del panorama imprenditoriale parmigiana, Paolo Pizzarotti, che dopo il fallimento del piano di costruzione della metro nella città, peraltro non dettato da esigenze di prima necessità, è in debito di questa somma non indifferente.
Naturalmente, come già verificatosi in altre occasioni, l'interesse di un singolo è stato anteposto a quello di un'intera fascia della popolazione che sta aquisendo, negli ultimi anni, sempre maggior valenza numerica nella zona oltretorrente, l'unica, insieme a quella di San Leonardo, ad aver resistito finora a tutti questi anni di malgoverno e alle pressioni della classe esercente.
L'obiettivo del comune, senza troppi preamboli, è quello di trasformare via d'Azeglio e la zona circostante in una sorta di isola felice. Come? Modificandola radicalmente. Nel piano, infatti, è prevista la sostituzione della biblioteca civica, luogo di studio e di cultura aperto a tutti, con un albergo a 5 stelle; lo spostamento del circolo " Giovane Italia", tanto caro agli studenti per i prezzi modici ed il clima conviviale creatosi al suo interno, nel parco Ducale, con conseguente anticipazione dell'orario di chiusura, per sostituirlo con un ristorante extralusso; la sostituzione dei negozi attualmente esistenti con dei nuovi improntati sulla vendita di merce più costosa ed in cui non tutti potrebbero metterci piede.
L'intento, con questa "colossale" opera di ammodernamento, è chiaramente quello di provocare un netto rialzo dei prezzi delle abitazioni, con l'immediato " sfratto" di studenti ed extracomunitari a beneficio della Parma bene.
Dove andremo a finire, quindi?
In parole povere, quest'ennesima presa di posizione da parte dei "potenti" ha come conseguenza immediata un netto accrescimento di quel solco sociale già verificatosi negli ultimi anni, non facendo altro che aumentare il degrado e la rabbia di tutta la povera gente, già non poca al giorno d'oggi, costretta da questa triste situazione ad occupare perennemente i sobborghi parmigiani ed ad affondare nell'alcool i propri dispiaceri.
Tutto ciò andrebbe, com'è giusto che sia, a svantaggio dell'intera comunità parmigiana, costretta, per la leggerezza dei suoi rappresentanti, a sorbirsi la rabbia e la frustrazione di questa gente, con un aumento degli episodi di violenza che, c'è da giurarsi, il comune di Parma, seguendo le indicazioni dei nostri "governanti", combatterà con un ulteriore coinvolgimento dell'esercito, proseguendo quel processo di militarizzazione (repressione) che da due anni a questa parte sta letteralmente devastando l'Italia intera.
Partiamo innanzitutto da questo piano di ristrutturazione! L'intento ben chiaro a tutti del primo cittadino e dei suoi assessori, nemmeno tanto celato, è quello di tappare un buco di oltre 10.000.000 di euro con una dei più importanti ed allo stesso tempo controverse personalità del panorama imprenditoriale parmigiana, Paolo Pizzarotti, che dopo il fallimento del piano di costruzione della metro nella città, peraltro non dettato da esigenze di prima necessità, è in debito di questa somma non indifferente.
Naturalmente, come già verificatosi in altre occasioni, l'interesse di un singolo è stato anteposto a quello di un'intera fascia della popolazione che sta aquisendo, negli ultimi anni, sempre maggior valenza numerica nella zona oltretorrente, l'unica, insieme a quella di San Leonardo, ad aver resistito finora a tutti questi anni di malgoverno e alle pressioni della classe esercente.
L'obiettivo del comune, senza troppi preamboli, è quello di trasformare via d'Azeglio e la zona circostante in una sorta di isola felice. Come? Modificandola radicalmente. Nel piano, infatti, è prevista la sostituzione della biblioteca civica, luogo di studio e di cultura aperto a tutti, con un albergo a 5 stelle; lo spostamento del circolo " Giovane Italia", tanto caro agli studenti per i prezzi modici ed il clima conviviale creatosi al suo interno, nel parco Ducale, con conseguente anticipazione dell'orario di chiusura, per sostituirlo con un ristorante extralusso; la sostituzione dei negozi attualmente esistenti con dei nuovi improntati sulla vendita di merce più costosa ed in cui non tutti potrebbero metterci piede.
L'intento, con questa "colossale" opera di ammodernamento, è chiaramente quello di provocare un netto rialzo dei prezzi delle abitazioni, con l'immediato " sfratto" di studenti ed extracomunitari a beneficio della Parma bene.
Dove andremo a finire, quindi?
In parole povere, quest'ennesima presa di posizione da parte dei "potenti" ha come conseguenza immediata un netto accrescimento di quel solco sociale già verificatosi negli ultimi anni, non facendo altro che aumentare il degrado e la rabbia di tutta la povera gente, già non poca al giorno d'oggi, costretta da questa triste situazione ad occupare perennemente i sobborghi parmigiani ed ad affondare nell'alcool i propri dispiaceri.
Tutto ciò andrebbe, com'è giusto che sia, a svantaggio dell'intera comunità parmigiana, costretta, per la leggerezza dei suoi rappresentanti, a sorbirsi la rabbia e la frustrazione di questa gente, con un aumento degli episodi di violenza che, c'è da giurarsi, il comune di Parma, seguendo le indicazioni dei nostri "governanti", combatterà con un ulteriore coinvolgimento dell'esercito, proseguendo quel processo di militarizzazione (repressione) che da due anni a questa parte sta letteralmente devastando l'Italia intera.
martedì 29 giugno 2010
ADDIO A PIETRO TARICONE; GUERRIERO SIMPATICO E ARROGANTE
Ieri lo schianto con il paracadute, poi oltre nove ore di intervento all'ospedale. L'attore si è spento nella notte. Lascia la compagna, Kasia Smutniak, e la piccola Sophie. Schietto, generoso, curioso, aveva conquistato l'affetto del pubblico e dei colleghi. Che lo ricordano come "una persona su cui puoi contare"
di SILVIA FUMAROLA
ROMA - Pietro Taricone non ce l'ha fatta. L'attore, 35 anni, è morto dopo le 2 all'ospedale di Terni, dove era stato ricoverato ieri, in condizioni disperate, in seguito a un incidente durante un lancio con il paracadute 1. Si è spento nel reparto rianimazione, dopo un intervento chirurgico durato più di nove ore. Il decesso - riferiscono i sanitari - è stato provocato da improvvise complicazioni. Il direttore sanitario dell'ospedale, Leonardo Bartolucci ha parlato di uno "stato di choc protrattosi per tutto il tempo". Con l'attore è sempre rimasta in ospedale la compagna Kasia Smutniak, che si era lanciata con il paracadute poco dopo di lui dallo stesso aereo. Insieme a loro, i parenti più stretti.
Era molto simpatico, Pietro Taricone, di una simpatia immediata, diretta. Spiegava le cose con una foga da studente che cerca di far capire bene il concetto: "Aho', so' stato chiaro, vero? Perché con voi non si sa mai". "Voi", i giornalisti, "che tanto state sempre di punta: se fai così sbagli, se fai colà pure. Ma un povero Cristo che deve fare?". Schietto, sempre, a costo di sembrare arrogante. Figlio del reality, ma deciso a non farsi stritolare dal meccanismo televisivo.
L'ex guerriero del Grande Fratello aveva carattere. La sua parabola di macho deciso a sfruttare lo stereotipo per uscire dallo stereotipo - canottiera, muscoli, guasconeria - per trovare la sua strada, oggi che non c'è più, fa ancora riflettere sulla sua personalità. 'O guerriero che trionfa al reality è un ragazzo del Sud che ascolta i consigli del padre ("Pietro, non fare il pagliaccio"), che capisce il rischio che corre: può diventare un fenomeno da baraccone, ma lui non cade nella trappola. Taricone raccontava divertito di quando, uscito dalla casa del Grande Fratello, perfino il figlio del presidente del Consiglio lo aveva chiamato ad allenarsi, che Agnelli gli faceva le battute in napoletano, lui, ragazzo di provincia, proiettato in un mondo "che non potevo neanche immaginare".
Aveva buttato soldi, comprato auto, frequentato discoteche, fatto calendari, ma aveva chiaro in testa che non sarebbe diventato una marionetta: il Taricone della Casa, l'eroe del popolo, cercava un'altra strada. Ai Taricone d'Italia, in cerca di visibilità e successo facile, era sembrato persino snob vedere come il macho nazionale prendeva le distanze da un certo mondo, ma Pietro Taricone da Frosinone, curioso di tutto - quando lo intervistavi faceva lui un sacco di domande - non voleva vivere la sua vita da eterno "ex del Grande Fratello".
Il cinema lo ha adottato subito, ha una faccia che piace, lui ci prova e funziona, anche se ha sempre mille dubbi, perché il macho che butta via la maschera si deve confrontare con la vita vera, i ruoli da interpretare, la disciplina del set, i coleghi che all'inizio sono sospettosi ma poi lo adottano. Quando girava Codice rosso, eroico vigile del fuoco, facevano a gara per fargli i complimenti: "generoso", "simpatico", "una persona su cui puoi contare".
In molti restano stupiti quando sul set di Radio West fa innamorare la bellissima Kasia Smutniak, ex modella diventata attrice, ragazza d'acciaio che conquista le copertine di mezzo mondo. Sono una coppia che sfugge ai fotografi, vanno a vivere in campagna, lui ha l'aria felice. Nasce Sophie. Superano una crisi, lui soffre - lo confessa pubblicamente - continua a farsi domande, sulla vita, sui valori, sulla famiglia "perché non è come una volta, è tutto complicato, la società è cambiata, oggi crescere un figlio è una bella responsabilità". La carriera decolla - fiction, film d'autore - il guerriero a 35 anni è quasi fiero di sé. Ma la favola non prevede lieto fine.
di SILVIA FUMAROLA
ROMA - Pietro Taricone non ce l'ha fatta. L'attore, 35 anni, è morto dopo le 2 all'ospedale di Terni, dove era stato ricoverato ieri, in condizioni disperate, in seguito a un incidente durante un lancio con il paracadute 1. Si è spento nel reparto rianimazione, dopo un intervento chirurgico durato più di nove ore. Il decesso - riferiscono i sanitari - è stato provocato da improvvise complicazioni. Il direttore sanitario dell'ospedale, Leonardo Bartolucci ha parlato di uno "stato di choc protrattosi per tutto il tempo". Con l'attore è sempre rimasta in ospedale la compagna Kasia Smutniak, che si era lanciata con il paracadute poco dopo di lui dallo stesso aereo. Insieme a loro, i parenti più stretti.
Era molto simpatico, Pietro Taricone, di una simpatia immediata, diretta. Spiegava le cose con una foga da studente che cerca di far capire bene il concetto: "Aho', so' stato chiaro, vero? Perché con voi non si sa mai". "Voi", i giornalisti, "che tanto state sempre di punta: se fai così sbagli, se fai colà pure. Ma un povero Cristo che deve fare?". Schietto, sempre, a costo di sembrare arrogante. Figlio del reality, ma deciso a non farsi stritolare dal meccanismo televisivo.
L'ex guerriero del Grande Fratello aveva carattere. La sua parabola di macho deciso a sfruttare lo stereotipo per uscire dallo stereotipo - canottiera, muscoli, guasconeria - per trovare la sua strada, oggi che non c'è più, fa ancora riflettere sulla sua personalità. 'O guerriero che trionfa al reality è un ragazzo del Sud che ascolta i consigli del padre ("Pietro, non fare il pagliaccio"), che capisce il rischio che corre: può diventare un fenomeno da baraccone, ma lui non cade nella trappola. Taricone raccontava divertito di quando, uscito dalla casa del Grande Fratello, perfino il figlio del presidente del Consiglio lo aveva chiamato ad allenarsi, che Agnelli gli faceva le battute in napoletano, lui, ragazzo di provincia, proiettato in un mondo "che non potevo neanche immaginare".
Aveva buttato soldi, comprato auto, frequentato discoteche, fatto calendari, ma aveva chiaro in testa che non sarebbe diventato una marionetta: il Taricone della Casa, l'eroe del popolo, cercava un'altra strada. Ai Taricone d'Italia, in cerca di visibilità e successo facile, era sembrato persino snob vedere come il macho nazionale prendeva le distanze da un certo mondo, ma Pietro Taricone da Frosinone, curioso di tutto - quando lo intervistavi faceva lui un sacco di domande - non voleva vivere la sua vita da eterno "ex del Grande Fratello".
Il cinema lo ha adottato subito, ha una faccia che piace, lui ci prova e funziona, anche se ha sempre mille dubbi, perché il macho che butta via la maschera si deve confrontare con la vita vera, i ruoli da interpretare, la disciplina del set, i coleghi che all'inizio sono sospettosi ma poi lo adottano. Quando girava Codice rosso, eroico vigile del fuoco, facevano a gara per fargli i complimenti: "generoso", "simpatico", "una persona su cui puoi contare".
In molti restano stupiti quando sul set di Radio West fa innamorare la bellissima Kasia Smutniak, ex modella diventata attrice, ragazza d'acciaio che conquista le copertine di mezzo mondo. Sono una coppia che sfugge ai fotografi, vanno a vivere in campagna, lui ha l'aria felice. Nasce Sophie. Superano una crisi, lui soffre - lo confessa pubblicamente - continua a farsi domande, sulla vita, sui valori, sulla famiglia "perché non è come una volta, è tutto complicato, la società è cambiata, oggi crescere un figlio è una bella responsabilità". La carriera decolla - fiction, film d'autore - il guerriero a 35 anni è quasi fiero di sé. Ma la favola non prevede lieto fine.
LA VERITà FA PAURA
Berlusconi attacca di nuovo gli organi d'informazione. Siamo davanti a un premier che usa i vertici internazionali per regolare i conti domestici. Teme la pubblica opinione. Ma noi continueremo a fare il nostro mestiere. Perché i cittadini vogliono sapere, per poter giudicare
di EZIO MAURO
IL tycoon delle televisioni ha paura dei giornali. Da San Paolo, dov'è in visita di Stato, il Presidente del Consiglio ieri ha trovato modo di attaccare gli organi d'informazione (quelli che non controlla e che non possiede, naturalmente, abituato com'è alla totale obbedienza televisiva), denunciando "una disinformazione totale e inconcepibile, da molti mesi a questa parte". Poi ha lanciato una proposta inedita: "Bisogna fare uno sciopero dei lettori e insegnare ai giornali italiani a non prenderli in giro".
Siamo dunque davanti ad un Premier che usa i vertici internazionali per regolare i conti domestici con il potere d'informazione, che non è ancora interamente oggetto del suo dominio, e che lo spaventa perché introduce elementi di verità e di critica nel paesaggio televisivo: dentro il quale il leader coltiva il senso comune nazionale, canale di egemonia e di consenso. In Occidente, non si è mai visto un Capo di governo impegnato ad eccitare una impossibile rivolta populista per far tacere le (poche) voci critiche che rompono il coro.
Tutto ciò è ancora più grave se si pensa che l'uomo politico in questione è anche editore, perché non ha mai voluto dismettere il controllo proprietario pieno ed effettivo sulle reti televisive di sua proprietà e sui suoi giornali, variamente appaltati. Che spettacolo, per i brasiliani e gli italiani.
Siamo davanti ad un Presidente del Consiglio che teme la pubblica opinione. E a un editore che teme i giornali. Possiamo assicurarli entrambi (spaventati dalla verità, e dalla libertà) che continueremo a fare il nostro mestiere: perché i cittadini vogliono sapere, per poter giudicare. E non prendono ordini dal Premier su cosa bisogna leggere, nell'Italia berlusconiana.
di EZIO MAURO
IL tycoon delle televisioni ha paura dei giornali. Da San Paolo, dov'è in visita di Stato, il Presidente del Consiglio ieri ha trovato modo di attaccare gli organi d'informazione (quelli che non controlla e che non possiede, naturalmente, abituato com'è alla totale obbedienza televisiva), denunciando "una disinformazione totale e inconcepibile, da molti mesi a questa parte". Poi ha lanciato una proposta inedita: "Bisogna fare uno sciopero dei lettori e insegnare ai giornali italiani a non prenderli in giro".
Siamo dunque davanti ad un Premier che usa i vertici internazionali per regolare i conti domestici con il potere d'informazione, che non è ancora interamente oggetto del suo dominio, e che lo spaventa perché introduce elementi di verità e di critica nel paesaggio televisivo: dentro il quale il leader coltiva il senso comune nazionale, canale di egemonia e di consenso. In Occidente, non si è mai visto un Capo di governo impegnato ad eccitare una impossibile rivolta populista per far tacere le (poche) voci critiche che rompono il coro.
Tutto ciò è ancora più grave se si pensa che l'uomo politico in questione è anche editore, perché non ha mai voluto dismettere il controllo proprietario pieno ed effettivo sulle reti televisive di sua proprietà e sui suoi giornali, variamente appaltati. Che spettacolo, per i brasiliani e gli italiani.
Siamo davanti ad un Presidente del Consiglio che teme la pubblica opinione. E a un editore che teme i giornali. Possiamo assicurarli entrambi (spaventati dalla verità, e dalla libertà) che continueremo a fare il nostro mestiere: perché i cittadini vogliono sapere, per poter giudicare. E non prendono ordini dal Premier su cosa bisogna leggere, nell'Italia berlusconiana.
venerdì 25 giugno 2010
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